Riflettendo. In questi ultimi anni, ai funerali di persone più o meno
famose se ne sono già viste di tutti i colori. Dalle motociclette portate in
chiesa vicino alla bara del defunto, alle arie liriche, alle note dei cantanti
preferiti, per finire a striscioni, poesie e quant’altro. Forse, però, non si
erano mai visti i fuochi d’artificio, sparati davanti alla chiesa. A Mappano
nei giorni scorsi è accaduto anche questo. Fuochi che hanno perfino messo in
agitazione docenti e bambini della vicina scuola elementare. Qualcuno potrebbe
obiettare che ciascuno saluta i suoi cari defunti come più gli piace. E, su
questo non ci piove. Tutto ciò, però, una piccola riflessione la merita pure.
Anticamente i funerali accompagnavano il viaggio del defunto nell’aldilà. A Roma, ad esempio, erano celebri le “laudationes
funebres” dove venivano esaltate le qualità morali del caro estinto. Gli egizi, invece, avevano tutto un complesso
rituale che serviva ad agevolare il passaggio del defunto nella vita
ultraterrena. Il funerale religioso
cattolico è tutt’altra cosa: è preghiera di suffragio per l’anima del defunto, affinché possa trovare misericordia
e, purificata dei suoi peccati, venga ammessa alla contemplazione di Dio. Cosa
ben diversa è il funerale laico che si configura come un omaggio al defunto per
affidarne la
sopravvivenza alla “memoria” dei suoi cari e degli amici.
UN omaggio che ci è ben noto, perché ci viene spesso propinato nelle fiction americane:
funerali desacralizzati e officiati da un congiunto. Due cose decisamente
diverse: da una parte c’è o ci dovrebbe essere il silenzio, il dolore intimo,
la preghiera; dall’altro si mangia, si suona e si ricorda il defunto in
maniera, come si può dire, più easy. Una volta i nostri funerali erano proprio
così, preghiera e dolore intimo. Al massimo si sconfinava in qualche canto o in
poche composte parole lette da un congiunto. Oggi molti dei funerali sono
trasformati quasi in spettacolo. Sparare i fuochi d’artificio, fuori da una
chiesa dove si sono svolte le esequie, di religioso ha ben poco. Anzi, non si
può certo negare che si sia trattato di una variazione alquanto stravagante. Con
questo non vogliamo dire che tutto è sbagliato. Quello che lascia sempre più
stupefatti è l’offuscamento
del significato autentico del rito religioso delle esequie che è e resta
la preghiera per l’anima del defunto. Dietro queste curiose e originali
variazioni non ci sarà forse un malcelato tentativo di umanizzare troppo la
morte, di banalizzarne il significato?
C’è ancora una distinzione
tra realtà sacre e profane?
Con questo non vogliamo criticare nulla e nessuno, ma solo riflettere e far riflettere