L’apertura del “Maggio
Mappanese” edizione 2018, è stata caratterizzata, venerdì scorso, da una
significativa e molto seguita conferenza, su un tema quanto mai difficile, ma
ancora tremendamente attuale, nonostante siano trascorsi 40 anni da quegli
eventi così tragici e luttuosi: l’uccisione della scorta dell’onorevole Aldo
Muro, in via Fani, a cui seguì il rapimento, la detenzione e l’assassinio dello
statista democristiano. Una delle pagine non solo più tragiche ma più buie di
tutta la storia dell’Italia repubblicana. A gettare un po’ di luce su quegli
eventi, ci ha pensato il giornalista Luigi Benedetto che, con dovizia di
particolari, aneddoti, ma anche vicende poche note al grande pubblico, ha
contribuito a districarsi, in un non facile e torbido percorso, dove ogni cosa
non sempre sembra quella che è. Un intreccio di personaggi si affastellarono fin
da subito in questa tragica vicenda politica e storica italiana, contribuendo
nel tempo, a dar vita, a quello che lo stesso Leonardo Sciascia, scrittore,
giornalista, ed acuto intellettuale del secolo scorso, non esitò a definire l’Affaire
More. Massoni, uomini di destra, brigatisti, ma anche mafiosi, camorristi,
esponenti della Banda della Magliana, esponenti delle forze di sicurezza dalla
dubbia lealtà verso lo Stato, servizi segreti più o meno deviati, tutti si
affacciano un po’ come protagonisti un po come comparse, in una intricatissima
vicenda che avrebbe avuto come nobile motivo salvare la vita dello statista, ma
in realtà cercò di inseguire ed ottenere il risultato opposto. In questo
risiko, Luigi Benedetto, accompagnato dalla giornalista Nadia Bergamini, del
quotidiano “La Stampa”, ha dimostrato grande abilità e maestria nel
destreggiarsi fra storia ufficiale, memoriali, inchieste investigative, scoop
di dubbia natura giornalistica, atti di commissioni parlamentari. Ricomponendo,
con pazienza, tutte le tessere di un intricato mosaico che, come in un gioco di
specchi, non riesci mai a vedere il pezzo reale, ma un suo riflesso, una sua
apparenza. Affrontare la vicenda Moro, anche 40 anni dopo la sua tragica
scomparsa, significa inabissarsi in acque profonde, torbide e limacciose, dove
ogni volta che ti sembra di aver finalmente raggiunto il fondale, qualche
misteriosa ed irrefrenabile forza, ti spinge in luoghi ancora più oscuri.
Benedetto ha saputo mettere insieme non delle sensazioni o delle emozioni, per
altro facilmente condivisibili, ma dati oggettivi di cronaca, tasselli
apparentemente dettati dalla casualità, ma che se messi uno accanto all’altro,
tanto casuali, agli occhi di un osservatore attento, non sembrano più. Si
arriverà mai alla verità certa e definitiva del caso Moro? Difficile
stabilirlo. Ma a vedere dalla forte presenza di pubblico, presso la Biblioteca
di piazza don Amerano, composto fra l’altro da molti giovani, la sete di verità
non si è mai spenta. Ed il lavoro paziente e prezioso di Luigi Benedetto,
dimostra che siamo sulla strada giusta.
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I giornalisti Bergamini e Benedetto |
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Il pubblico presente |
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Nadia Bergamini e Luigi Benedetto |