Io non voto! Quante volte avete sentito dire questa frase parlando di elezioni. Nei prossimi giorni avremo l’occasione di recarci alle urne per esercitare uno dei nostri più grandi diritti: il voto.
Votare, però, non è solo un diritto, ma anche un dovere: ed è l’unico modo per poter partecipare attivamente al processo decisionale del nostro Paese, un diritto ed un dovere civico che si acquisisce al compimento del 18° anno d’età.
Sabato 8 e domenica 9 giugno 2024 si terranno le elezioni regionali del Piemonte e le elezioni europee. Non votare vuol dire mettere nelle mani degli altri le decisioni che ci riguardano da vicino. Non possiamo e non dobbiamo dire «la politica non mi appassiona» piuttosto che «tanto non cambia mai nulla»: pur consapevoli di tante delusioni del percorso storico-politico che ci ha portato ad oggi, individuare la politica come unico elemento responsabile dei fallimenti e degli errori della società è un errore. Questo perché l’esercizio del voto non esaurisce il nostro compito, bensì rappresenta solo il primo atto che deve essere poi seguito da vigilanza, partecipazione e controllo.
Ogni giorno con le nostre azioni e con le nostre scelte facciamo politica e diventiamo esempio positivo o negativo nei confronti degli altri: sta a noi scegliere il tipo di esempio che vogliamo essere. La libertà di scelta, di parola, di pensiero, sono tutti aspetti a noi cari e di cui non possiamo fare a meno: li abbiamo conquistati ad un prezzo molto alto e la loro custodia per il futuro dipende da ognuno di noi.
Viviamo in Democrazia, quella forma di governo dove la sovranità è esercitata dal popolo e che ricorrere a strumenti di consultazione popolare. Il non riconoscersi, come parte decisionale, attiva e ricettiva nel sistema politico può portare l’accentuarsi del fenomeno dell’astensionismo. Quest’ultimo, in preoccupante aumento negli ultimi anni, rappresenta uno dei primi passi verso un pericoloso accentramento dei poteri: quindi il potere come appannaggio di pochi eletti e la conseguente graduale perdita delle proprie libertà da parte della maggioranza della popolazione.
Il grande errore è, però, dimenticarsi che il popolo è la maggioranza. Pertanto, coloro che andranno a votare decideranno anche per coloro che non lo faranno! La tentazione di delegare ad altri il compito di stabilire le nostre priorità quali il diritto alle cure mediche, alla cultura ed alla formazione, al lavoro, alla casa, alle opportunità di scelta e molto altro, può rappresentare un grande pericolo.
Abbiamo un’occasione straordinaria: quella di incidere sulle scelte del nostro futuro e delle prossime generazioni. Mai come oggi questa possibilità è un’occasione d’oro, innanzitutto per non perdere quei diritti che troppe volte diamo per scontati, ma che di fatto scontati non sono e per riavvicinarci alla “cosa pubblica” ovvero ai diritti ed alle necessità di una collettività.
Ogni possibilità di voto è preziosa: basta guardare ai popoli in guerra, alle dittature ancora vigenti. Onoriamo i nostri padri, i nostri nonni e bisnonni, le nostre madri che hanno lottato e donato la loro vita alla causa regalandoci un futuro migliore del loro.
Indelebili le parole di Calamandrei: «Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una Carta morta: no, non è una Carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra Costituzione» (da discorso agli studenti milanesi di Piero Calamandrei del 1955).
Restiamo fieri, restiamo uniti!