Mar, 10 Dic, 2024

45 anni fa il Torino F.C. conquistava il suo 7° scudetto. Dopo una rimonta emozionante sulla Juventus

45 anni fa il Torino F.C. conquistava il suo 7° scudetto. Dopo una rimonta emozionante sulla Juventus

Era il 16 maggio 1976 e tutti i tifosi di calcio del mondo applaudirono gli eroi del dopo Superga

 

Il maggio del 1976 verrà da tutti ricordato come un mese particolarmente interessante e nello stesso tempo complesso, sia dal punto di vista sociale, sia da quello economico, con una situazione preoccupante dal punto di vista politico, che da tempo ormai si trasmette nei luoghi di lavoro, nei grandi plessi industriali del nord Italia, in quello che fu una decina di anni prima, considerato il fulcro del miracolo economico e che ora sta vivendo momenti drammatici.

La protesta operaia si sviluppa attraverso molti canali, dalla protesta collettiva, ai danneggiamenti nelle fabbriche fino ad arrivare ad attentati terroristici che vedono la nascita di gruppi di fuoco appartenenti alle aree più estreme della sinistra radicale e ben presto il fenomeno si allarga nella Penisola, creando una atmosfera che ricorda e forse ha come scopo, il protrarsi di una tensione sociale che ben presto potrebbe tramutarsi in una vera e propia guerra civile, dove a farne le spese è la parte più povera del Paese.

Si apre, infatti, presso il tribunale penale di Torino il primo processo alle Brigate Rosse, nucleo terroristico che conta decine di appartenenti con attentati ed omicidi alle spalle e, purtroppo, molti altri in futuro.

Il giorno in cui il Generale Dalla Chiesa porta alla sbarra 45 brigatisti è il 17 maggio 1976, ma è anche il giorno dopo di una impresa sportiva che rimarrà nella storia calcistica italiana, ovvero la vittoria nel campionato di calcio di serie A del Torino F.C., esattamente ventisette anni dopo l’ultima conquista ad opera della squadra del “Grande Torino” di Valentino Mazzola, team che perì nel disastro aereo di Superga il 4 maggio 1949.

Venisette anni apparivano tanti, ma sono poca cosa se oggi noi pensiamo ai quarantacinque che ci separano dal quell’ormai lontano 16 maggio 1976.

Il presidente era Orfeo Pianelli, industriale torinese e grande appassionato di calcio che aveva preso le redini del Torino nei primi anni '60 ed aveva fatto pervenire alla sua corte l’ala destra Claudio Sala, che aveva acquistato per 470 milioni di lire dell’epoca ,una cifra molto elevata per i parametri di allora.

Toro1

I risultati erano stati buoni, ma lontani dalle aspettative della tifoseria granata che voleva molto di più spinta anche dalla rivalità con la Juventus che dominava, allora come oggi, il panorama calcistico nazionale.

Un goal di Agroppi annullato contro la Sampdoria per un intervento falloso di Lippi (futuro commissario tecnico della nazionale italiana campione del Mondo nel 2006) non visto dall’arbitro, privò forse dello scudetto 71\72 il Torino di Gustavo Giagnoni e così in quegli anni si forma quell’idea di squadra perseguitata dalla sfortuna, dopo la tragedia di Superga e la morte di Gigi Meroni, investito in corso Re Umberto mentre attraversava la strada.

Ma il 1975 è l’anno della svolta 

E’ l’anno del ritiro di Giorgio Ferrini, mitico capitano dei granata fin dai primi anni '60, dell’accantonamento, con relative polemiche dei tifosi, di giocatori simbolo come Aldo Agroppi e Cereser, colonne portanti dei granata di allora ed acerrimi nemici sportivi dei bianconeri, ma è anche il periodo che vede un nuovo allenatore, molto quotato tra le nuove promesse dei tecnici italiani, fare il suo ingresso al Filadelfia, il vecchio stadio delle imprese degli uomini di Ferruccio Novo, il presidente dei 5 scudetti consecutivi, ovvero il quarantenne lombardo Luigi Radice, che dalla sua Monza si porta dietro un giocatore di fondamentale importanza per il Torino, vale a dire Patrizio Sala, ventenne e mediano di grandi aspettative.

Toro GigiRadice Gigi Radice

I granata hanno già nel loro organico campioni collaudati come Castellini, Pulici e Claudio Sala, ma la squadra che sta preparando il nuovo allenatore è un complesso di classe e fisicità che si ispira a quel calcio totale giocato anni prima dall’Ajax di Joan Cruiif & C., un calcio nuovo, innovativo, bello da vedere e da descrivere, dove ogni componente della squadra deve sapere fare tutto, sia attaccare che difendere e costruire, un insieme di atleti che giocano a calcio divertendosi e menando ceffoni sportivi nei risultati che lasceranno il segno nella storia di questo sport.

Arrivano giovani come Eraldo Pecci e uomini d’eperienza come il libero Caporale, carriera anonima fin lì, che però sarà una garanzia per la retroguardia dei granata, reparto dove la grinta è di moda da sempre ed è il vero marchio di fabbrica del nuovo team di Pianelli.

Inizia il campionato e la formazione ufficiale è la seguente: Castellini, Santin, Salvadori, Patrizio Sala, Mozzini, Caporale, Claudio Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli e Pulici. Questi ultimi due diverranno ben presto per tutti i tifosi del calcio, i gemelli del goal.

A poche giornate dalla fine del campionato, il Torino è indietro di 5 punti dalla Juventus, la quale però incappa in tre sconfitte consecutive, compresa quella del derby, vinto dai granata, che già si era aggiudicato quello d’andata.

Il pareggio per 1-1 con il Cesena, rete di Pulici ed autorete di Mozzini, allo stadio Comunale basta al Torino per vincere lo scudetto a 45 punti, mentre la Juventus fermata a Perugia, rimane a quota 43.

La Città si trasforma in un tripudio di colore granata, dopo la festa allo stadio Comunale il pulman dei giocatori tenta di raggiungere la Basilica di Superga per rendere omaggio ai giocatori del “Grande Torino” e simbolicamente tradurre lo scudetto conquistato, quasi in un passaggio di consegne tra i vecchi e nuovi eroi calcistici della prima capitale d’Italia, ma il torpedone non arriverà mai a destinazione in quanto la strada che porta al colle è straripante di tifosi che da alcune ore si erano messi in marcia per raggiungere la lapide di Valentino e dei suoi compagni.

Vissi quella giornata chiuso nel collegio di agraria di Asti, dopo aver sentito dalla radiolina lo svolgersi delle partite ed alla sera furono pochi ad arrendersi al sonno ,come il giorno seguente, quando nel collegio, tramite alcuni censori, personale che si occupava dell’ordine nell’istituto, arrivarono una copia dei quotidiani La Stampa e Tuttosport, che dalle nove di sera, ora in cui si spegnevano le luci nelle camerate, ognuno di noi lesse a lume di candela, passandoci i giornali sotto la brandina: erano ancora lontani i tempi di SKY Sport e Dazn, tanto che ci perdemmo pure la Domenica Sportiva.

Sono passati 45 anni, sembrano due secoli, tanto è cambiato il mondo e la fauna umana che lo popola, ma il mio cuore è sempre granata e sono contento così, nel senso che io quella gioia l’ho vissuta ed è stato puro divertimento, nessuno sfottò, nessuna presa in giro, nessuna vendetta sportiva contro gli avversari, ma pura e semplice contentezza, accarezzando le figurine Panini di quegli eroi di carta che avevano raggiunto un grande traguardo.

Toro Patrizio Sala

Come ogni ragazzo che eleggeva un suo beniamino, io ne avevo uno in particolare che si chiamava Patrizio Sala: era giunto a 20 anni al Torino dal Monza, portato appunto da Radice, poco intervistato seppur sempre lodato per il suo apporto al gioco, mi piaceva per la grinta, per quelle due caviglie di ferro che mordevano il terreno di gioco, per i contrasti duri ma leali dai quali non si tirava mai indietro, dal temperamento sanguigno ma intelligente, che sapeva combattere anche con la testa, per la sua tenacia nel rincorrere allo sfinimento l’avversario, nel subire falli anche cattivi ai quali non reagiva mai ,a quei suoi polmoni d’acciaio che sembravano gli stantuffi di una locomotiva.

Per anni fu la spalla ideale del “Poeta del Goal” Claudio Sala, segnando anche due reti in Coppa Campioni e vestendo molte volte la maglia della Nazionale italiana in particolare come titolare contro il Brasile nella finale per il terzo posto, persa contro il Brasile nel campionato Mondiale del 1978 in Argentina.

Ebbi la fortuna di assistere a diverse partite del Torino al Comunale e vedere all’opera il mio beniamino, ma non ebbi mai occasione di poterlo incontrare allora. Cosa che, invece, avvenne, come nei bei sogni, dodici anni fa, quando il Toro club Volpiano invitò Patrizio Sala a presentare il suo libro “Mi è rimasto un calzettone”, dove lo stesso racconta la sua vita calcistica e non, partendo dalle assolate partite all’oratorio di Bellusco, suo paese natio.

Siamo così diventati grandi amici ed ho avuto conferma del perchè quella squadra fosse così forte ed unita al punto di riuscire, l’anno dopo a totalizzare 50 punti in Campionato, che però non bastarono contro una grande Juventus, stabilendo otremodo un record: era un gruppo di giovani che si rispettavano e si aiutavano, giocatori che prima di diventare tali erano uomini dentro, umili ed altruisti, sobrii e disponibili, onesti ed intelligenti, a dimostrazione che il calcio, prima di essere pallone e tacchetti è capacità intellettiva. Lo dimostravano anche fuori campo, oggi come allora, distribuendo sorrisi e strette di mano e soffermandosi a salutare chiunque incontrassero.

In Patrizio e sua mogie Daniela vedo ancora oggi tutto questo e ridiamo assieme quando mi dice che il suo amato nipotino ha la maglia della Juve perchè il figlio Riccardo è tifoso bianconero. Capita anche nelle migliori famiglie...

L’importante è avere la salute, il tifo viene dopo e la fede vera è altra.

Ritrovarsi a 60 anni suonati, dopo 45 anni, da quando sotto le lenzuola fui costretto a leggere al lume di candela l’articolo di Tuttosport la patrtita del mio eroe e ritrovarsi ancora oggi, sorridenti come allora, è un regalo che tengo con amore nell’angolino dei miei ricordi, nella speranza che continuino a durare a lungo. Grazie Torino!

Credits: www.wikipedia.org 

 

 

 

 

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