Lun, 6 Mag, 2024

La Domenica delle Palme nell'affresco di Giotto, custodito nella Cappella degli Scrovegni di Padova

La Domenica delle Palme nell'affresco di Giotto, custodito nella Cappella degli Scrovegni di Padova

Raffigura l’ingresso di​ Gesù a Gerusalemme, così come descritto dai vangeli

In tutto il mondo cristiano, le celebrazioni legate alla “Domenica delle Palme”, aprono ufficialmente i riti della settimana Santa, che avrà il suo culmine con la Pasqua di Resurrezione. Naturalmente anche l’arte ed i pittori di tutti i tempi, hanno subito il richiamo di quell’evento così centrale per la storia della Salvezza.

Giotto, ad esempio, nello straordinario ciclo di affreschi, ospitato presso la Cappella degli Scrovegni, a Padova, dedica un intero riquadro a questo episodio descritto dai Vangeli. Gesù entra a Gerusalemme accolto da due ali di folla festante. La stessa che di lì a poco lo osserverà indifferente lungo la salita del Calvario. Qui invece l’entusiasmo è ancora palpabile. Il Cristo fa il suo ingresso trionfante nella città di Davide, sul dorso di un’asina, accanto
al suo puledrino, la cui testa spunta tra il mantello del Cristo e l’apostolo Andrea che, insieme a Pietro, ben riconoscibile dalle chiavi strette nel pugno, e gli altri apostoli, compongono questo corteo, che nell’impianto narrativo, ricalca l’adventus tipico di un Re che assoggetta una città e un popolo. Ma qui non è la logica della forza o della violenza a prevalere.

Al contrario, con questo ingresso “pacifico” Gesù prende come modello la mitezza, e risponde ad una profezia di Ezechiele, di un re che avrebbe preso la città, non con le armi, ma appunto con la sua mitezza, cavalcando una
bestia da soma. La scena è divisa trasversalmente in due parti, quasi contrapposte fra loro, ma con una forte dinamicità.

Da un lato l’ingresso ad una delle porte della città gerosolimitana, individuata come la Porta dei Giardini, la stessa da cui uscirà il Cristo con il patibolum, verso il Golgota. Le due torri, diverse tra loro, sarebbero realmente esistite. Per poi essere atterrate dai romani durante la guerra del 70 d.C. Una è la torre ottagonale detta di Psefino, e l’altra la quadrata torre Ippico, descritte da Flavio Giuseppe. La folla esce plaudente e festosa. Stende ai piedi dell’asina, in segno
di rispetto, i propri mantelli.

Una curiosità: quasi come una sequenza cinematografica, Giotto, con grande maestria, fotogramma dopo fotogramma, ci illustra in primo piano le varie fasi dedicate al progressivo spogliarsi del mantello, da parte di un esponente della folla.

Secondo una lettura teologica, colui che si copre il capo con il mantello, rappresenterebbe parte di quel popolo ebraico che rifiuterà di riconoscere e quindi vedere il Figlio di Dio, nella persona di Gesù Cristo. Tra i tanti ebrei presenti, impossibile non notare i due fanciulli che, con fare agile e scattante, si arrampicano per spezzare e distribuire ai presenti i rami di palma, agitati poi come bandiere festanti all’indirizzo del Cristo.

Una scena affollata. Con un Cristo benedicente. Pronto a compiere la sua missione salvifica. Accolto da “Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nel più alto dei cieli”.

Con questo ingresso trionfale, nell’arte, come nei Vangeli, Gesù preannuncia il suo consapevole cammino verso la morte e la resurrezione.

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schedina Aimonetto

 

 

 

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