Lun, 29 Apr, 2024

Bagna Cauda: storia, ricetta e curiosità della "salsa calda", uno dei piatti tradizionali piemontesi più amati

Bagna Cauda: storia, ricetta e curiosità della "salsa calda", uno dei piatti tradizionali piemontesi più amati

Perchè oltre ad essere buona e saportita, significa anche aggregazione e convivialità

La Bagna Cauda è uno dei piatti più conosciuti della tradizione culinaria piemontese. 

Letteralmente, il termine “bagna cauda” può essere tradotto in italiano con “salsa calda”, ed in effetti si tratta di una salsa abbastanza semplice e rustica, ma sostanziosa, che per essere gustato al meglio deve essere mantenuta al caldo e accompagnata con le tipiche verdure del periodo invernale come cavoli, cardi, rape, peperone e patate, topinambur, ma anche carne cruda.  Per un piemontese, la bagna cauda è molto di più: significa convivialità e stare insieme, in particolare nella stagione più fredda, quando è più piacevole ritrovarsi attorno alla stufa per chiacchierare e passare una serata in allegria in famiglia o con gli amici.

Storia e origini della Bagna Cauda

Non si ha una data certa, che identifichi con precisione la nascita della Bagna Cauda, ma la sua origine è sicuramente molto antica e si perde nella notte dei tempi. Molti secoli fa, la bagna cauda veniva preparata nell’area più meridionale del territorio piemontese e in Provenza, soprattutto nelle località dove era più facile approvvigionarsi di acciughe salate e aglio, ingredienti fondamentali per la sua preparazione, ma anche di molte altre ricette tipiche del Piemonte come il bagnetto verde. In passato, il commercio delle acciughe era molto fiorente, in particolare nelle valli del cuneese, dell’alessandrino e dell’astigiano, perché si trattava di un pesce facilmente reperibile e trasportabile, ma soprattutto permetteva di commerciare il sale evitando di pagare i dazi doganali.

Sembra infatti che i mastelli contenenti il prezioso minerale venissero ricoperti nella parte superiore con un prezioso strato d’acciughe. La tassa sul sale era obbligatoria e non legata al consumo, ma il costo delle acciughe era di gran lunga superiore e, di solito venivano acquistate in piccole quantità dagli “acciugai” ambulanti, che percorrevano in lungo e in largo le strade del Piemonte con i loro carretti pieni di botticelle e barili.

Per lungo tempo, la bagna cauda è stata ritenuta un piatto poco adatto alle tavole più aristocratiche per la presenza dell’aglio e per questo motivo viene raramente citata nei più famosi trattati di cucina. Uno dei pochi documenti su cui si basa la ricetta odierna risale al 1875, quando Roberto Sacchetti, noto scrittore e giornalista dell’epoca, la rese famosa con un articolo che la descriveva così come veniva preparata dalla sua famiglia a Montechiaro d’Asti.
Per quanto concerne l’olio d’oliva, molti sostengono che la ricetta originale non lo contemplasse a favore dell’olio di noci, perché anticamente in Piemonte non veniva coltivato l’ulivo.

Oggi, la bagna cauda è una delle eccellenze della cucina piemontese e nel 2005 è stata depositata la sua ricetta canonica presso un notaio di Costigliole d’Asti. La sua fama è andata ben oltre i confini nazionali: in Argentina è molto popolare, importata dagli immigrati piemontesi del XIX secolo, mentre in Giappone è diventata un piatto molto popolare, grazie a un gastronomo braidese, che l’ha presentata in alcune trasmissioni televisive locali.

Dal 2013 il  Bagna Cauda Day , promosso dalla rivista Astigiani, ha permesso a questo piatto di diffondersi anche nelle regioni limitrofe al Piemonte e a novembre 2015, in occasione della terza edizione dell’evento, è stata proposta la candidatura all’UNESCO per essere inserita nella lista dei beni Patrimonio Immateriale dell’Umanità.

La tradizione della bagna cauda 

La bagna cauda è un vero rito conviviale, originariamente si condivideva anche il fojot, un fornellino di terracotta smaltata che nella parte inferiore ha uno spazio per introdurre una piccola candela per mantenerla calda, intingendo le varie verdure nello stesso contenitore. Solitamente veniva preparata dopo la vendemmia per ricompensare gli operai del lavoro svolto e per “tastare” il vino novello.

Dopo vari studi e assaggi, la “ricetta canonica” della bagna cauda è stata depositata presso un notaio, Marzia Krieg di Costigliole d’Asti, dalla delegazione astigiana dell’Accademia italiana della cucina e prevede che venga utilizzata per ogni commensale: una testa d’aglio, mezzo bicchiere d’olio d’oliva extravergine, 50 grammi di acciughe rosse di Spagna e un eventuale pezzetto di burro da aggiungere solamente a fine cottura. Per rendere la salsa più cremosa e attenuare il sapore molto forte della pietanza, è molto diffusa l’usanza di cuocere le teste d’aglio in un po’ di latte.

Nella tradizione culinaria delle campagne piemontesi, la bagna cauda veniva spesso consumata con la polenta oppure usata come condimento per dare più sapore alle verdure o ad alcuni tipi di pasta, in particolare durante la Quaresima. Inoltre, è perfetta con le uova fritte e strapazzate, da aggiungere all’olio che resta in fondo al fojòt o come antipasto per condire grosse fette di peperoni crudi o rosolati.

Esistono anche delle varianti locali nei processi di preparazione, ad esempio nell’Albese, l’aglio viene pestato, mentre nel Monferrato è usanza insaporire la salsa con un po’ di Barbera. A Nizza Monferrato e nella Valle Belbo, l’aglio viene cotto molto a lungo dopo averlo tritato finemente e lasciato riposare nel latte.

Secondo alcuni, anticamente la salsa veniva preparata usando l’olio di noci e per rievocare questa variante ormai completamente caduta in disuso, viene schiacciato qualche gheriglio di noce senza la pellicina. Altre varianti locali prevedono l’aggiunta di burro, panna da cucina e latte.

Come preparare la bagna cauda secondo la ricetta canonica 

Per preparare la bagna cauda secondo la ricetta canonica servono i seguenti ingredienti:
- una testa d’ aglio
- mezzo bicchiere di olio extravergine d’oliva
- 50 grammi di acciughe rosse di Spagna
- un pezzetto di burro da aggiungere a fine cottura (facoltativo)

Gli spicchi d’aglio, precedentemente privati della pellicina e del germoglio, vanno tagliati a fettine e messi a cuocere a fuoco molto basso in un tegame di coccio, a cui è stato aggiunto un bicchiere d’olio d’oliva. È necessario mescolare con un cucchiaio di legno, avendo cura che gli spicchi non prendano colore. Vanno poi aggiunte le acciughe dissalate, continuando a rimestare delicatamente. L’intingolo va coperto con il restante olio e cotto a fuoco lento per mezzora, badando bene che la bagna non inizi a friggere. Coprire con il restante olio e portare l’intingolo a cottura a fuoco lento per una mezz’oretta, badando che la bagna non frigga. Al termine della cottura, per un sapore più morbido e cremoso, si può aggiungere un pezzetto di burro, possibilmente freschissimo. La bagna cauda va poi versata negli appositi “fojot” per essere gustata con i cardi gobbi di Nizza Monferrato, i  topinambur , i cuori di cavolo bianco, l’indivia e la scarola, i peperoni freschi e sotto graspa, i cipollotti crudi inquartati e immersi nel vino barbera, le barbabietole rosse e le patate lesse, le cipolle al forno, la zucca fritta e i peperoni arrostiti.

Alcuni segreti per una bagna cauda perfetta

1. Per evitare che il tegame in coccio si crepi durante la cottura, è necessario immergerlo nell’acqua fredda e lasciarlo a bagno per almeno un paio d’ore. Una volta tolto dall’ammollo, il tegame va asciugato e posto sul fuoco molto basso,
eventualmente utilizzando una reticella frangi-fiamma.
2. Le acciughe vanno messe a bagno in acqua fresca abbondante e diliscate con cura solo dopo 5/10 minuti. I filetti devono essere lavati con acqua o vino rosso e lasciati asciugare.
3. Se si utilizzano i classici fojot in terracotta, è bene tenere sempre sotto controllo la fiamma in modo tale che la bagna non frigga o si raffreddi troppo in fretta.

La “ricetta canonica” può essere eccessiva, soprattutto per chi è intollerante all'aglio, personalmente abbasso la quantità di aglio per persona, gli tolgo l'anima, il germoglio verde e lo lascio immerso nel latte per alcune ore, lo stesso latte insaporito lo aggiungo al composto di olio, acciughe e aglio. Un procedimento che farà inorridire i puristi, ma se in cucina le regole sono importanti lo è altrettanto adattare i sapori alle nostre esigenze e alle nostre eventuali intolleranze. Delle acciughe si dice che non devono incontrare l'acqua, lasciate immerse in vino rosso e un po' di aceto, fintanto che sono ripulite dal sale, poi immerse “intere” nell'olio e aglio, la cottura ridurrà tutto in poltiglia, il sapore ne guadagnerà.

Per chi ha problemi di intolleranza una variante è l'uso dei porri al posto dell'aglio, leggermente sobbolliti poi aggiunti a olio e acciughe, l'ho assaggiata, molto gradevole, ma per chi ama e tollera l'aglio.... non è la stessa cosa.

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