Gio, 16 Ott, 2025

Dal presunto terrore alla tenerezza collettiva: come il toro di Leini ha conquistato i cuori e messo in crisi le cronache

Dal presunto terrore alla tenerezza collettiva: come il toro di Leini ha conquistato i cuori e messo in crisi le cronache

C’è stato un giorno, a Leini, in cui un toro è diventato – suo malgrado – un simbolo. Non di paura o di disordine, come qualche titolo frettoloso ha voluto far credere, ma di libertà. «Ieri, infatti, il nostro tranquillo Comune alle porte di Torino si è improvvisamente trovato al centro dell’attenzione nazionale - scrive il sindaco Luca Torella in una nota stampa - un toro in fuga, scene concitate, la città “in preda al panico”, hanno scritto alcuni giornali. “Terrore per le strade”, hanno rincarato altri».

Peccato che, a sentire chi c’era davvero, il “panico” fosse più nelle redazioni dei giornalii che tra i cittadini. Lo conferma anche il sindaco Luca Torella, che – con il garbo istituzionale che gli compete ma anche con una punta di ironia – ha voluto rimettere le cose al loro posto.  «C’è stata preoccupazione, certo - ha ammesso Torella. - Ma parlare di terrore è eccessivo. Grazie alla professionalità di chi è intervenuto, tutto si è risolto nel migliore dei modi».

La storia, però, non finisce qui. Anzi, è proprio da qui che comincia il dibattito – e la polemica. Perché, tra le tante reazioni nate sui social, una ha colpito più delle altre: quella di chi ha visto nel toro fuggitivo non un pericolo, ma un essere vivente in cerca di scampo. Un animale che, pur di non finire al macello, ha tentato la sua personale – e disperata – corsa verso la libertà.

E il sindaco non finge di non capirlo: «In moltissimi hanno provato simpatia per quell’animale - ha scritto nella sua lettera - e in moltissimi vorrebbero sapere che quel tentativo di salvarsi la vita è stato coronato dal successo».

Una frase che suona quasi come un appello, anche se Torella si affretta a precisare che non può «chiedere né imporre alcunché» ma il messaggio, diplomaticamente velato, è chiaro: risparmiare la vita a quel toro non sarebbe solo un gesto di umanità, ma anche un’occasione per mostrare che la nostra civiltà non si misura soltanto nella capacità di gestire le emergenze, ma anche nella compassione verso chi non ha voce.

E, perché no, aggiunge con un pizzico di realismo politico, «una simile decisione non potrebbe che ingenerare un moto di simpatia nei confronti dell’azienda proprietaria… nonché una grande pubblicità del tutto gratuita». Tradotto: un po’ di buon cuore fa bene anche all’immagine.

In fondo, la storia del toro di Leini racconta molto più di quanto sembri. Racconta di un animale che fugge, ma anche di una comunità che si interroga. Di una società che troppo spesso si ferma ai titoli sensazionalistici e troppo di rado si chiede da cosa e da chi qualcuno stia scappando.

Forse il toro non è solo un toro. Forse è il riflesso di una coscienza che, ogni tanto, riesce ancora a provare empatia. Anche se, per capirlo, dobbiamo aspettare che sia un animale a ricordarcelo.

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