Ven, 3 Mag, 2024

Ore 21: le nostre belle serate quando c'era Carosello. Una spietata analisi del mondo della comunicazione

Ore 21: le nostre belle serate quando c'era Carosello. Una spietata analisi del mondo della comunicazione

Da circa 30 anni i talkshow televisivi hanno diviso l’Italia e gli italiani in buoni e cattivi

 

Ero appena un bambino, quando negli anni '60 aspettavo ogni sera di sedermi in prima fila accanto ai nonni sul vecchio sofà della cucina, vicino alla stufa a legna, che riscaldava quella stanza, che per me era una piccola reggia, in attesa di vedere lo spettacolo più bello del mondo che un piccolo italiano potesse ambire di vedere: il programma pubblicitario Carosello.

Era un Paese, il nostro, che veniva da un passato, non molto lontano, fatto di guerra e povertà, divisioni politiche e boom economico. Un mondo che andava di corsa, quasi come se la gente volesse dimenticare in fretta gli errori di tutti e quindi si parlava poco e si lavorava molto.

Era magnifico essere bambino in quel periodo, perchè vedevi nella gente la voglia di stare assieme, la sobrietà dei comportamenti sempre rivolti al prossimo, il desiderio di tutti di scambiarsi opinioni in maniera pacata e costruttiva, l’accompagnarsi in ogni dove per il semplice gusto di condividere la gioia di essere e stare assieme.

Per noi piccoli uomini, le nove di sera, le 21 per i grandi, erano il nastro di partenza per vedere finire nel migliore dei modi la nostra giornata, fatta di spensieratezza e sogni proibiti, ancora molto lontani dall’essere investiti dai problemi della maturità, quindi il Carosello era l’antro della felicità dove tutta la famiglia era unita nel vedere ed ascoltare quei piccoli capolavori di arte e di regia che facevan sì che nello spazio di pochi minuti, venisse alla luce la fantastica fantasia italica, scienza sublime che ogni  italiano ha nel suo DNA e per questo motivo, senza pari al mondo: Carosello era comunicazione ed arte ad altissimo livello, come del resto i protagonisti assolutamente scelti con cura in virtù della loro grande maestria nel recitare con sintesi nel breve.

Calindri cynar Ernesto Calindri 

I grandi personaggi dell’epoca facevano a gara per essere ammessi a recitare in quello che per anni sarà il più grande spettacolo italiano

Scoccavano le nove e lo spettacolo iniziava con l’Ispettore Sheridan che in un minuto ti risolveva il delitto perfetto, passando all’amaro del carciofo presentato da Calindri, ed in mezzo il caffè di Concita ed il tovagliolo macchiato di Calimero, in un andirivieni di emozioni e messaggi che tutti capivano nessuno escluso, semplicemente perchè le parole usate erano tutte in italiano e l’inglese era bandito, volutamente e con correttezza aggiungerei, perchè semplicemente la nostra lingua madre veniva per prima.

Gli esibizionismi di dialettica anglosassone, tanto cara ai nostri presentatori di serata odierni, sarebbero stati immediatamente messi al rogo nel Paese che fu di Dante e non di Lele Mora e Fabrizio Corona, come qualche ragazzo può pensare dopo tante apparizioni nel tubo catodico a mo’ di eroi nostrani.

Qualche volta dopo Carosello mi portavano a dormire nella stanza riscaldata appena da un’ora, per non consumare troppa nafta nella caldaia, ma a volte ero dimenticato su quel grande divano ed assistevo alle tribune politiche di allora.

Jader Jacobelli 59 Jader Iacobelli

Tribuna politica: dialettica e confronto

Presentava Iader Iacobelli, faccia tonda, sguardo stralunato, una testa di riccioli chiari mai pettinati e con l’inconfondibile erre moscia: uno spettacolo che divertiva e rilassava l’imminente discussione politica che a breve si sarebbe accesa nello studio.

Ecco arrivare l’onorevole Pajetta, il democristiano Scalfaro, un giovane Andreotti ed un navigato Almirante: gente che forse anni prima si era anche sparata addosso, ma che ora rispettando perfettamente il loro incarico istituzionale, discutevano senza alzare il tono della voce, nessuno dava del fascista o comunista all’altro, c’era la voglia ed il bisogno di pensare e riflettere e loro lo facevano, ognuno partendo dalle sue posizioni, ma nella semplice dialettica di chi intende costruire qualcosa di nuovo.

Non era uno spettacolo per bambini, la tribuna politica di allora, ma noi la vedevamo perchè era istruttiva ed in modo particolare, una parentesi educata.

260px Italiani brava gente Il film Italiani Brava gente

I film delle nove, veri capolavori

I film delle nove erano bellissimi e famosissimi, da Via col Vento ad Ombre Rosse, da Il Massacro di Forte Apache a Il Giorno più lungo per arrivare ad Italiani brava gente: film che raccontavano la spietatezza e la miseria umana, pellicole di guerre e tragedie ma…..non c’era sangue, la sofferenza era rappresentata in modo discreto ma con tanta dignità e fierezza.

Come dimenticare Peppone e Don Camillo, il capolavoro di Giovannino Guareschi e quando le commedie a puntate fecero la loro apparizione, ecco spuntare il Commissario Maigret, interpretato da Gino Cervi, Il mulino sul Po di Mario Soldati, Ulisse, con l’immancabile presentazione del poeta Ungaretti ed i Promessi Sposi con Nino Castelnuovo e Lucia interpretata da Paola Pitagora , che così divenne la prima fidanzata di noi bambini.

Sanremo anni 60 Festival di Sanremo anni '60

E poi c’era il Festival di Sanremo, quello in cui si esibivano i cantanti, sì, avete capito bene: nell’era antidiluviana della televisione, al Festival della canzone italiana si cantava. So perfettamente che può apparire strano, per chi assiste oggi ad una puntata serale di Sanremo, comprendere che allora c’erano i cantanti, quelli veri, quelli che facevano piangere la nonna quando la Cinquetti intonava Non ho l’età, oppure Modugno che pitturava la tela canora di blu, o si vedeva il nonno balzare dalla sedia quando il Reuccio de Roma tuonava con Granada.

Sì, era proprio così, c’erano solo cantanti, semplicemente perchè era la loro festa, prima che diventasse il palcoscenico odierno delle stranezze della fauna umana innalzata a bravura e capacità, osannando il nulla e l’effimero.

Programmi scadenzati: non esisteva lo scoop giornaliero

I programmi allora erano cadenzati, non esisteva lo scoop giornaliero che obbligava milioni di italiani ad accendere a tutti i costi la televisione, quasi ci fosse un rispetto anche per le passioni che ogni individuo coltivava in seno alla società in cui viveva: alle nove di sera, infatti, molti di loro si recavano alla bocciofila, alla riunione della Pro Loco, si incontravano nei circoli culturali, andavano nelle balere oppure al bar dove si giocava a carte e si beveva un quartino di buon vino, chi si recava con gli amici in osteria per una merenda sinoira, o si avviava al cinema per vedere l’ultimo film appena uscito.

Era un'altra Italia, luogo dove si cercava, seppur con tanta difficoltà di stare assieme, uniti e possibilmente felici e soddisfatti di quello che si aveva. Non avevamo tutto, ma quello che c’era ci bastava.

Con l’avvento del berlusconismo televisivo agli inizi degli anni '90, tutto iniziò a cambiare nell’universo della comunicazione con l’invenzione di programmi televisivi sia di informazione che di intrattenimento completamente diversi da quelli fino ad allora proposti da mamma RAI.

Format diversi e più espansivi, ma nello stesso tempo più pressanti ed incisivi ai quali non eravamo abituati, in particolare nel nuovo modo di interpretare il ruolo del pubblico, che diventava improvvisamente protagonista.

maurizio costanzo show Maurizio Costanzo Show

Abituati a Lascia o Raddoppia di Mike Bongiorno ed a Porto Bello di Enzo Tortora, i nuovi programmi hanno iniziato a presentare personaggi come Maurizio Costanzo, professionisti seri ma fino ad allora poco conosciuti e bisogna ammettere che gli inizi sono stati buoni, ma molti hanno compreso che il passo successivo verso un deterioramento del modo di interpretare le serate degli italiani, sarebbe stato purtroppo molto diverso e breve, da parte delle nuove reti televisive.

Mi riferisco a programmi diseducativi e dannosi per l’intera società, format del genere L’Isola dei famosi, dove oggigiorno un tipo veramente famoso si guarda bene dal partecipare, ed Il Grande Fratello, massima espressione di quella Milano da bere che rappresenta il nulla, se non invece la parte malata del Paese dal punto di vista di chi vede la vita come l’esibizione costante dell’elevazione dell’incapacità umana sfacciatamente fatta passare come modello di vita.

Sono nati così i primi protagonisti ambigui del jetset televisivo come modello da copiare per arrivare al successo di ascolti e la lista è lunga, fino ad arrivare ad invitare spesso e volentieri  nei programmi dedicati alla politica, Alba Parietti, colei che si vantò di aver passato una intera settimana in albergo senza uscire dalla stanza da letto in compagnia del protagonista di Highlander, Cristopher Lambert, per parlare di partigiani e principi morali, argomenti fino ad allora di pertinenza di menti come quelle di Sandro Pertini e Nilde Jotti.

Oggi la situazione è addirittura peggiorata, con talkshow televisivi che quotidianamente ci vengono proposti da personaggi che appartengono all’era primordiale di questo tipo di giornalismo da marciapiede: ogni tanto veniamo sollevati nel vedere che molti giornalisti, facsimile di questi, vengono arruolati nelle fila della politica nazionale, con i risultati che oggi tutti possiamo vedere, i novelli D’Annunzio lanciati allo sbaraglio.

Questi programmi, nel tempo, ci hanno convinti che l’impiegato pubblico è un assenteista, che il macellaio sotto casa è un evasore fiscale, che il magistrato è un emerito brigante, che la politica è sempre corrotta, che gli insegnanti sono dei privilegiati, gli imprenditori sfruttatori seriali di braccia e gli operai dei sindacalisti di carriera se non nullafacenti: solo certi giornalisti sono degni quindi di camminar per strada a testa alta, vantando il fatto della piena libertà di stampa in seno alla piu’ bella costituzione mai scritta al mondo, Laura Boldrini dixit.

Enzo Biagi Enzo Biagi

Eravamo abituati ad Enzo Biagi, Sergio Zavoli, Indro Montanelli e Gianpaolo Pansa, solo per citarne qualcuno, oggi sostituiti da Travaglio, Scanzi e Vauro: gente questa, che nessuna Pro Loco vorrebbe nel direttivo, eppure elevati anche loro dal tubo catodico a menti elevate e sopraffine: mio dio che che fine assurda!

Cosa potrebbe pensare oggi, se fosse ancora vivo, mio nonno che, quando si recava alla bocciofila a giocare a carte con molte di queste persone, considerava i medesimi tutti amici e non radiografava certamente con minuziosa verve, la vita quotidiana di chicchessia? Forse è meglio non saperlo.

Ci sarebbero altre milioni di cose da dire, ma mi fermo qui, perchè continuare a ricordare il passato italiano visto dalla finestra televisiva, fa male al cuore e siccome devo a breve iniettarmi la seconda dose di vaccino Astrazeneca, non vorrei arrivare al fatidico momento in cui dovrò immolare il braccio al dottore di turno (sperando che non sia uno dei tanti esperti virologi che ci hanno rovinato la digestione alle 21,altrimenti potrei avere un attacco di panico e mordergli un orecchio), in una condizione fisica precaria a causa della nostalgia del tempo che fu.

Un solo desiderio che vorrei trasmettere come una preghiera ai potenti o presunti tali, quelli cioè che ci dicono costretti a governare greggi imberbi di fauna elettorale che però da tempo  immemorabile non riesce più a votare:

Per pietà ridateci le nove di sera, abbiate la cortesia di far ritornare amici tutti gli italiani, lasciate che questi ritornino sereni nella società che il perbenismo giornalistico ha prima minato e poi distrutto, cercate di avere ogni tanto un moto di vergogna, ricordando chi in passato vi ha preceduti, magari senza dimenticare che certe vostre posizioni lavorative ,non sono di merito, ma frutto di apericene con i padrini del male consumati spesso alle 21 l’ora in cui, molti di voi hanno pensato di cambiare l’Italia e gli italiani.

Anche questa purtroppo è storia.

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