Gioco d’azzardo patologico, opposizioni in pressing: «Serve una nuova legge, la Regione non resti sorda all’allarme sociale»
Il dibattito sul contrasto al gioco d’azzardo patologico tornerà sui banchi del Consiglio regionale piemontese. A due anni dalla bocciatura della proposta di legge popolare sottoscritta da oltre 12.000 cittadini, martedì mattina, 17 gigno, Libera, CGIL, associazioni e movimenti civici sono scesi nuovamente in piazza, manifestando davanti a Palazzo Lascaris per chiedere una nuova regolamentazione più restrittiva, ottenendo poi un'audizione a margine del Consiglio in corso in quella giornata.
A raccogliere l’appello della società civile è il Gruppo Alleanza Verdi e Sinistra, che ha ribadito la propria adesione alle istanze delle associazioni e la necessità di porre un argine al proliferare del gioco d’azzardo, reso più facile dalle modifiche legislative introdotte nel 2021 dalla Giunta Cirio.
«La cancellazione della legge regionale n. 9 del 2016, voluta dal centrodestra, ha rappresentato un vero favore alle lobby del gioco – accusa la presidente del gruppo AVS, Alice Ravinale –. Quella norma aveva portato risultati concreti: minore diffusione delle slot, meno giocatori patologici presi in carico e un risparmio complessivo stimato di oltre 2 miliardi di euro per le famiglie piemontesi in quattro anni».
A rilanciare il tema anche Monica Canalis, consigliera regionale PD che denuncia la bocciatura in Commissione del suo emendamento alla legge di riordino con cui proponeva di aumentare le distanze minime tra slot machine e luoghi sensibili nei comuni con oltre 5.000 abitanti.
«Fratelli d’Italia – attacca Canalis – si era detta contraria alla deregulation voluta dalla Lega nella scorsa legislatura. Oggi ha l’occasione per dimostrare coerenza, ma si rifiuta anche solo di discutere misure di buon senso. Il mio emendamento è stato bocciato senza motivazioni».
La legge del 2016, varata dal centrosinistra, aveva imposto distanze minime di 300 metri da scuole, ospedali e altri luoghi sensibili, oltre a limitazioni sugli orari di apertura delle sale da gioco. Secondo dati del CNR, dell’IRES Piemonte e dell’Osservatorio Epidemiologico regionale, tra il 2016 e il 2019 i giocatori patologici presi in carico nei servizi pubblici sono calati da circa 1.500 a poco più di 1.000, mentre in altre regioni i numeri crescevano.
«La correlazione tra offerta e patologia è ormai chiara – spiega Canalis –. Dove si riduce la possibilità di accesso al gioco, si riduce anche il numero di persone che sviluppano dipendenza. I più colpiti sono over 65 e under 25, le fasce più esposte all’incertezza e alla marginalità sociale».
Per l’opposizione, la legge attuale non solo favorisce il ritorno di un fenomeno pericoloso per la salute pubblica, ma scarica sui Comuni e sui sindaci la responsabilità di intervenire, esponendoli anche a rischi personali nei territori più delicati.
Da più fronti si chiede una riforma organica a livello nazionale, sul modello della legge antifumo, e un maggiore investimento in educazione, prevenzione e formazione per contrastare tutte le forme di dipendenza, inclusi alcol, droga, internet e tabagismo.
«Il gioco d’azzardo non è un male inevitabile – concludono le opposizioni –. Regolamentare non significa proibire, ma difendere i più fragili dal peso di una dipendenza che manda sul lastrico famiglie, alimenta l’usura e apre la porta alla criminalità organizzata. La politica ha il dovere di mettere il diritto alla salute prima degli interessi economici».