È tempo di transumanza per le api piemontesi. In questi giorni, gli apicoltori delle valli torinesi e del resto della regione stanno trasferendo gli alveari in montagna, seguendo il ritmo delle fioriture estive. Una pratica antichissima, risalente al Medioevo, che permette alle api di nutrirsi del nettare di tiglio, castagno, rododendro e fiori d’alta quota, dando vita ai preziosi mieli monoflora e millefiori di montagna.
Ma questa tradizione, oggi più che mai fondamentale per l’ambiente, è minacciata da diversi fattori. Lo segnala Coldiretti Torino: «I cambiamenti climatici alterano le fioriture e mettono a rischio la produzione – spiega Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino – ma è allarmante anche la crescente concorrenza del miele importato dall’Est Europa e dalla Cina, venduto a prezzi stracciati, e soprattutto la nuova minaccia rappresentata dal “miele” sintetico prodotto in laboratorio, senza api».
Il cosiddetto miele sintetico, ottenuto in bioreattori o con miscele di zuccheri e aromi artificiali, è già oggetto di brevetti internazionali, spinti da alcune multinazionali che puntano al mercato europeo. «Un prodotto che nulla ha a che vedere con il miele vero, frutto del lavoro delle api e di un ecosistema complesso», commenta Claudia Roggero, apicoltrice e responsabile di Coldiretti Giovani Impresa Torino.
Il comparto apistico piemontese ha numeri importanti: oltre 6.500 aziende, più di 209.000 alveari e una popolazione stimata di oltre 10 miliardi di api. La sola produzione di miele vale 48 milioni di euro, ma il valore complessivo, considerando l’impollinazione e i servizi ecosistemici, supera i 300 milioni. Solo nel Torinese si contano più di 2.200 aziende apistiche e quasi 50.000 alveari.
Il nomadismo degli apiari interessa quasi la metà degli apicoltori: si parte dai 500 metri per cogliere le fioriture di tiglio e castagno, per poi salire fino a 1.700 metri, dove le api raccolgono il nettare dei pascoli alpini e del rododendro, che colora l’alta montagna di rosa e dà vita a un miele raro e delicato.
«La stagione sembra promettente – conclude Roggero – ma i costi continuano a salire e la concorrenza dei falsi mieli rischia di diventare insostenibile. Difendere le api significa proteggere la biodiversità e la qualità dell’agricoltura».