Referendum Sanità, la maggioranza frena: opposizioni in rivolta. Il centrodestra blocca il quesito, ma promette una legge
Il Consiglio regionale del Piemonte ha vissuto ieri, martedì 3 giugno, una giornata infuocata sul delicato tema della sanità pubblica. Al centro del dibattito (e dello scontro) il referendum abrogativo promosso dal Comitato per il Diritto alla Tutela della Salute e alle Cure, per cancellare l’articolo 23 della legge regionale 22/2012, che consente la creazione di società miste pubblico-private nella gestione dei servizi sanitari.
Ma prima ancora che l’Aula si accendesse, fuori da Palazzo Lascaris la tensione era già palpabile: una manifestazione organizzata dallo stesso Comitato ha portato decine di cittadini e attivisti a protestare contro lo smantellamento progressivo della sanità pubblica e a chiedere l’ammissione immediata del referendum. Un presidio rumoroso ma pacifico, che ha ottenuto un primo risultato politico: una delegazione dei manifestanti è stata ricevuta in audizione dai consiglieri regionali.
L’illusione del confronto, poi il blocco
Durante l’audizione, le forze di maggioranza si sono dette disponibili a discutere immediatamente dell’ammissibilità del referendum. Una promessa che ha illuso cittadini e opposizioni. Poco dopo, in Aula, è arrivata la doccia fredda: con un colpo di mano, il centrodestra ha votato la sospensione della discussione, invocando la prossima presentazione di un disegno di legge che abrogherebbe direttamente l’articolo contestato.
Una mossa che ha fatto infuriare l’opposizione. «Ci avevano garantito il confronto, poi hanno silenziato tutto – attaccano i consiglieri Sarah Disabato, Alberto Unia e Pasquale Coluccio del Movimento 5 Stelle –. Ancora una volta, la destra dice una cosa e ne fa un’altra. È una presa in giro dei cittadini e del loro diritto a partecipare».
Referendum bloccato, ma legge ancora assente
La promessa della Giunta Cirio è chiara: abrogare l’articolo 23 senza passare dal referendum, giudicato superfluo e oneroso. Ma il testo della legge, al momento, non esiste. Non è stato presentato alla conferenza dei capigruppo né calendarizzato per una discussione legislativa. «Solo fumo negli occhi – tuona Alice Ravinale (AVS) –. Non si può congelare un referendum validamente proposto solo sulla base di una promessa verbale».
Anche Gianna Pentenero (PD) attacca duramente: «La Giunta ha scelto la via più opaca. Potevamo approvare l’ammissibilità del quesito e poi superarlo con una legge. Invece è stato negato il dibattito, umiliando il Consiglio regionale e i cittadini che hanno firmato la richiesta».
«Un referendum inutile da 30 milioni»
Di tutt’altro avviso i capigruppo della maggioranza, che accusano la sinistra di voler strumentalizzare politicamente il tema della sanità. «Questo referendum costerebbe oltre 30 milioni di euro, soldi che sarebbero tolti agli anziani, ai disabili, ai servizi sanitari veri – dichiarano Carlo Riva Vercellotti (FdI), Fabrizio Ricca (Lega), Paolo Ruzzola (FI) e Silvio Magliano (Lista Cirio) –. Il quesito riguarda una norma ormai superata e priva di effetti pratici. È un inganno ai cittadini, solo per attaccare il privato e alimentare la demagogia».
Un film già visto
L’episodio rievoca altri precedenti controversi, come il caso del referendum sulla caccia, mai celebrato perché disinnescato all’ultimo momento con una legge abrogativa. Uno schema simile che lascia un senso di déjà-vu e di frustrazione tra chi crede ancora nella partecipazione diretta.
In attesa che la Giunta presenti davvero la legge promessa, la ferita politica è aperta. Il sospetto, tra opposizione e attivisti, è che si tratti solo di una tattica dilatoria per evitare un pronunciamento popolare. E mentre in Consiglio si consuma l’ennesima battaglia politica, fuori da Palazzo Lascaris resta forte l’eco di una piazza che ha chiesto voce. E, ancora una volta, non è stata ascoltata.