Gio, 20 Nov, 2025

Dal castello alla tela: un quaderno per ricordare la storia di Volpiano a cura dell’associazione “Terra di Guglielmo”

La collana di studi storici diretta da Enrico Lusso, dedicata alla storia di Volpiano, si è arricchita di un nuovo ed importante tassello dal titolo “Volpiano caposaldo del marchesato di Monferrato nella prima età moderna”. Un quaderno che ripropone studi e ricerche di autorevoli storici, riunitisi negli antichi spazi della Confraternita dell’Immacolata di Volpiano, messa gentilmente a disposizione dal parroco don Marco Ghiazza nella giornata di sabato 21 giugno, per illustrare al pubblico presente questa quarta opera, che si aggiunge alla collana di memorie storiche territoriali volute dal sodalizio e nate nel 2015.

A presentare l’evento il presidente dell’associazione Terra di Guglielmo, Luigi Camoletto, che ha introdotto i temi essenziali curati in quest’opera di sicuro interesse storico-culturale, assieme agli autori presenti in sala. Dopo il saluto di benvenuto del padrone di casa don Marco Ghiazza, alla presenza del sindaco Giovanni Panichelli e dell’assessora alla cultura Barbara Sapino, la parola è passata al professor Lusso, capofila del team di esperti che ha collaborato alla stesura del testo. Ha ripercorso il tratto di storia tardo medievale che ha interessato il borgo di Volpiano, in particolare le vicende del periodo in cui il castello di Volpiano, caposaldo fortificato del Marchesato del Monferrato, ebbe un’importanza strategica fondamentale fino alla sua distruzione ad opera delle truppe francesi al comando del Maresciallo Brissac nel 1555.

È toccato poi agli studiosi Paola Comba, archeologa conservatrice del MA.DE. Museo Archeologico di Dertona, e Luca Finco, architetto e dottore di ricerca in Beni architettonici e paesaggistici, addentrarsi con grande capacità di analisi nelle viscere interne delle rovine del castello-fortezza ancora esistente, cercando di illustrare con minuta perizia gli studi effettuati sui manufatti. Un vivido percorso storico, con forti caratteri emozionali, che ha permesso di capire come la struttura imponente a difesa dell’abitato abbia attraversato i secoli, rinnovando i sistemi di difesa circostanti in parallelo con i nuovi metodi di scienza ossidionale, condizionati dalla nascita delle armi da fuoco.

L’aspetto più rilevante è la morfologia della motta elevata ospitante i resti dell’antica fortezza cinquecentesca, che, nel lasso temporale che ha visto il sito passare dalla distruzione ad una rinascita come luogo rurale, potrebbe ancora nascondere piccoli segreti custoditi tra macerie e incuria, frutto dei lunghi periodi trascorsi in un anonimo susseguirsi di eventi. Tempi in cui Volpiano, priva della piazzaforte a difesa del ricetto di 1.300 trabucchi piemontesi, si trasforma da caserma a cielo aperto a villaggio spiccatamente rurale, caratteristica che durerà fino ai primi anni ’60 del Novecento.

Oggettivamente interessante risulta una serie di mappe tratte da archivi di Stato e vaticani, ove vengono evidenziati i rivellini posti a difesa delle porte dei luoghi fortificati, in un periodo in cui non era ancora conosciuta l’architettura militare “alla moderna”, ovvero quel sistema murario perimetrale che doveva tener conto delle migliorie tecnologiche delle nuove artiglierie d’assedio. Innovazione che venne applicata in Piemonte dal duca Emanuele Filiberto di Savoia, a partire dalla cittadella di Torino, elevata a capitale ducale nel 1563.

Un’attenta analisi ha permesso di comparare una serie di difese comunemente denominate torri-puntone, presenti in Piemonte a difesa delle strutture perimetrali in mattoni adiacenti alla scarpa, che molto probabilmente già esistevano nell’architettura difensiva di Volpiano. Queste particolari forme di difesa, che si estendevano verso l’esterno per permettere un’adeguata copertura perimetrale della cinta muraria, vennero poi soppresse a partire dalla metà del Cinquecento, sostituite da più moderne linee difensive a pianta pentagonale, che permettevano una totale visuale su tutto il fronte d’attacco del nemico.

La relazione esposta da Viviana Moretti, giovane e brillante ricercatrice di storia dell’architettura presso l’Università degli Studi di Torino, ha riguardato in particolare una tela presente nella parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, raffigurante l’adorazione dei Magi a Gesù in braccio alla Vergine. L’opera a tempera, situata nella parete perimetrale della navata sinistra, sopra la bussola che racchiude la porta laterale d’ingresso, è databile al terzo quarto del XVI secolo e attribuita alla bottega di Boniforte Oldoni.

Interessante la descrizione del manufatto, comparato ad altri capolavori della stessa epoca, evidenziati con grande cura dall’esperta. Ha messo a confronto l’opera pittorica presente in Volpiano con altre tele, in particolare quella della chiesa di Santa Croce in Mortara attribuita a Bernardino Lanino: un’adorazione dei Magi del 1553 che presenta straordinarie similitudini con quella di Oldoni. Così come la tela presente a Vercelli, nella chiesa di San Cristoforo, che delinea le storie della Vergine del 1532-1534 di Gaudenzio Ferrari. Curioso è il fatto che sempre a Vercelli, nella chiesa di San Giuliano, sia presente un’opera del Lanino di metà Cinquecento raffigurante ancora una volta l’adorazione dei Magi, dove si intravedono analogie con la tela di Oldoni. Per meglio comprendere l’arte pittorica religiosa legata a queste figure, sono state evidenziate altre opere di Bernardino Lanino presenti a Legnano e Biella, dove le caratteristiche e le somiglianze dei personaggi raffigurati sono state studiate con particolare attenzione dagli studiosi del settore.

Un grazie di cuore quindi all’Associazione culturale Terra di Guglielmo, che ancora una volta ha regalato agli appassionati di storia locale un bellissimo pomeriggio di approfondimento, per meglio acquisire e comprendere i tanti aspetti storici del nostro antico borgo. Tratti di storia che, grazie agli esperti qui convenuti, hanno brillato di nuova luce e che anche in futuro non mancheranno di stupirci con ulteriori sorprese, frutto di studi e nuove scoperte che sicuramente ancora giacciono silenti in attesa di essere conosciuti.

Doveroso ricordare che ai quaderni fin qui pubblicati hanno offerto il loro prezioso contributo emeriti studiosi del settore, come Alberto Sanna, dottore in scienze archeologiche storiche e storico-artistiche, e Dorino Tuniz, già docente di Storia della Chiesa presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Novara.

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