Mar, 5 Nov, 2024

Riuscire a prevedere gli effetti delle operazioni chirurgiche al volto. E' l'obiettivo del brevetto del Politecnico di Torino

Riuscire a prevedere gli effetti delle operazioni chirurgiche al volto. E' l'obiettivo del brevetto del Politecnico di Torino

Un progetto a cui lavora un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Ingegneria gestionale e della Produzione-DIGEP

Essere in grado di prevedere gli effetti estetici e funzionali di complessi interventi chirurgici maxillofacciali: traguardo importante per una medicina sempre più accurata e davvero al servizio delle persone.

Un brevetto del Politecnico di Torino ha raggiunto proprio questo obiettivo e, adesso, si trova nella delicata fase di sviluppo per arrivare ad essere applicato negli ospedali e nelle imprese che operano nel medicale. Si tratta di un autentico caso di ingegneria posta al servizio della medicina questo progetto a cui lavora un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Ingegneria gestionale e della Produzione-DIGEP del Politecnico.

«Come gruppo di ricerca noi ci occupiamo di applicazioni ingegneristiche nell’ambito medicale. In questo caso abbiamo messo a punto un metodo che consente di prevedere quali saranno gli effetti sui volti degli interventi maxillofacciali - dice Sandro Moos professore ordinario al DIGEP e coordinatore della squadra che ha lavorato per arrivare al brevetto, che adesso aspetta di essere applicato su larga scala -. La metodologia di predizione dello spostamento dei tessuti molli facciali a seguito degli interventi maxillofacciali».

Il lavoro che ha portato al brevetto è iniziato dall’analisi delle difficoltà degli interventi di cura del prognatismo nelle sue diverse forme: operazioni complesse sia nella fase di pianificazione che nella successiva realizzazione, ma anche per quanto concerne gli effetti sul volto del paziente. Interventi che si basano anche su due operazioni preliminari: una Tac, che serve per costruire un modello digitale del viso, e una scansione del cavo orale. Questi due esami sono necessari per simulare la configurazione delle ossa per avere un’occlusione corretta e quindi per valutare gli interventi necessari sulla mandibola e sulla mascella. 

«A questa fase si deve aggiungere – precisa Moos – la necessità di prevedere come cambia l’assetto dei tessuti molli che dipende a sua volta da come vengono spostate le ossa. Questa previsione è estremamente importante ma anche molto difficile oltre che molto delicata» da qui l’utilità del brevetto messo a punto dal DIGEP.

Federica Marcolin, professore associato sempre del DIGEP aggiunge «Abbiamo lavorato partendo dalla banca dati di una serie di interventi già svolti che ci è stata messa a disposizione dai chirurghi maxillofacciali dall’ospedale delle Molinette di Torino. In altri termini, abbiamo potuto fruire delle informazioni digitali sulle condizioni dei pazienti prima e dopo l’operazione maxillofacciale. Un patrimonio insostituibile di informazioni che sono state analizzate e che ha consentito di passare alla fase successiva del lavoro».

«Costruita la nostra banca dati – continua Elena Olivetti, ricercatrice al DIGEP – abbiamo creato una sorta di misura di similarità tra i pazienti già operati, di cui abbiamo i dati pre e post-intervento, e quelli non ancora operati per i quali abbiamo solo i dati pre-intervento. Riusciamo quindi ad individuare il paziente già operato più somigliante a quello che deve subire l’operazione e siamo così in grado di prevedere l’effetto dell’intervento sul volto, con particolare attenzione ai tessuti molli».

La misura di similarità si basa sui vettori. Sul viso dei pazienti operati, infatti, viene identificata una serie di punti ai quali sono associati dei vettori che con il loro spostamento, a seguito dell’intervento, consentono di seguire il cambiamento dell’assetto dei tessuti sul volto e costruire l’immagine digitale del “nuovo” viso. Applicando gli stessi vettori al volto del paziente che deve essere operato, è possibile arrivare con una buona dose di approssimazione al suo “nuovo” volto.

Ma cosa serve adesso al gruppo di ricerca del DIGEP?

«Ad oggi – dice subito Moos - occorre incrementare il data base. È un processo lungo e complesso che richiede l’intervento di aziende specializzate nel trattamento di informazioni biomedicali. Oltre a questo, il brevetto deve essere certificato clinicamente. Solo a quel punto il brevetto potrà essere usato come strumento diagnostico. Anche in questo caso, l’intervento delle aziende potrebbe aiutarci nelle fasi necessarie alla registrazione a livello europeo e quindi alla sua successiva valorizzazione commerciale».

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